Maurits Cornelis Escher, Mani che disegnano, 1948
Negli anni '40 Virginia Axline, psicologa statunitense, prima allieva e poi collega di Carl Rogers, propone un approccio terapeutico al bambino che si ispira ai principi della Terapia Centrata sul Cliente e che si basa essenzialmente sul gioco, in quanto mezzo di auto espressione naturale del bambino.
La Axline definisce la play therapy non direttiva come "una opportunità che viene offerta ai bambini per fare una esperienza di crescita nelle condizioni più favorevoli possibili".
Nello spazio della terapia di gioco il bambino incontra per la prima volta un adulto che sta con lui, lo ascolta, attende i suoi tempi senza forzarlo in alcun modo, lo lascia esplorare tranquillamente l'ambiente (il setting) e il materiale di gioco a sua disposizione, ma soprattutto rispetta profondamente e protegge lo spazio espressivo del bambino.
Questa per il piccolo cliente è una esperienza nuova, abituato per lo più a doversi adattare forzatamente ai tempi degli adulti.
La play Therapy è estremamente rispettosa del bambino per la sua capacità di risolvere in maniera autonoma i problemi quando gli viene data l'opportunità di farlo, e basa il suo processo sul "qui ed ora" permettendo ed accettando qualsiasi tempo sia necessario al bambino per arrivare al cambiamento.
La play-room (la stanza del gioco) fornisce lo spazio adatto per l'espressione di tutti i sentimenti ed emozioni portati da bambino, che viene accettato esattamente come è, ed il terapeuta, attraverso il suo modo di essere accogliente, congruente ed empatico, trasmette ai piccoli clienti una forte sicurezza riconoscendo i loro sentimenti e riflettendoli in modo da facilitare insight sul loro comportamento.
All'interno della terapia di gioco viene concessa al bambino una libertà esperienziale che gli consente di scegliere liberamente il materiale di gioco, di decidere liberamente come utilizzarlo, ed in questo modo, non venendogli imposta una direzione, il bambino esprime appieno la sua personalità.
La libertà, afferma Rogers, è di fatto irreversibile e una volta che un individuo, adulto o bambino, sperimenta la libertà responsabile, tenderà a sforzarsi di raggiungerla, anche quando verrà ostacolata, perché la libertà non può essere eliminata o annientata. Sperimentare, dunque, nel contesto terapeutico questa dimensione rappresenta una forza estremamente potente per il bambino perché la libertà di esprimersi lo indurrà a comportarsi in un modo più maturo e costruttivo, mentre se non sarà legittimato ad esprimere se stesso al massimo delle sue potenzialità, cercherà di raggiungere il suo obiettivo attraverso modalità secondarie, alternative e mettendo in atto comportamenti definiti problematici o disfunzionali. Insieme alla libertà esperienziale, il bambino sperimenta, nel contesto della Play-Therapy, anche il senso del limite che il terapeuta deve necessariamente dare. Infatti, i limiti, anche se pochi, sono necessari al bambino per ancorare il percorso terapeutico al mondo della realtà.
Per approfondire:
Axline M. V. (1947) Play Therapy trad. It. Play Therapy - ed. LaMeridiana, Bari, 2009
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La Play Therapy è consigliabile nei seguenti casi:
- Disturbi del comportamento
- Difficoltà relazionali
- Difficoltà scolastiche
- Disturbi dell'attenzione e iperattività (ADHD)
- Ansia
- Depressione
- Fobie
- Idee ossessive
- Tic